Sabato sera
La visita al CPPP in via Campagna, ci ha permesso di conoscere di persona Daniele Novara e due suoi collaboratori, Paolo Ragusa e Marta Versiglia che ci hanno aperto, con grande cordialità, le porte ad ambienti accoglienti e pieni di libri e di testimonianze di lavoro.
Ci è stata raccontata la storia del Centro e la varietà delle attività che vi si svolgono: trapela l’amore per la buona relazione fra le persone e l’interesse per tutto ciò che permette di costruire rapporti profondi e di pace.
“Abbiamo sempre cercato di metterci a disposizione delle istituzioni e dei cittadini per supportarli nel costruire capacità di stare insieme anche nelle situazioni difficili, anzi, proprio a partire dalle situazioni difficili. Siamo convinti che sia fondamentale aiutare le persone e le nuove generazioni a comprendere che la fatica relazionale è necessaria a costruire un vero e proficuo incontro, che da questa fatica si può imparare molto, si può crescere, si può cambiare”. Sono parole del fondatore, cresciuto alla scuola di Danilo Dolci, antesignano del pacifismo italiano, e proprio affermazioni come queste ci hanno incuriosito, tanto che abbiamo deciso questo viaggio “a casa di” Daniele Novara e del Centro Psicopedagogico per la Pace e la gestione dei conflitti.
Domenica 11 settembre
Il colloquio con Daniele Novara inizia con una affermazione che ci trova assolutamente d’accordo: “La pedagogia stessa oggi è conflitto: è vietato riflettere o avere un progetto educativo”, ma noi in PG, e anche loro al CPPP, lo facciamo lo stesso…
Ecco di seguito gli appunti (molto sintetici e un po’ disordinati) dell’intervento di D. Novara, stimolato dalle nostre domande.
Conflitto e violenza si distinguono fortemente:
– conflitto presuppone intenzionalità, riflessione e ricerca di tutte le opportunità possibili per superare le difficoltà;
– violenza è espressione di dominio e presuppone una continuità persecutoria nei confronti del diverso, che viene vissuto come pericoloso e, come tale, da eliminare.
Oggi sembra che non si usi più educare alla guerra, come nei primi anni del ‘900 e durante il fascismo. La guerra oggi non fa appeal, ma allora perché hanno tanto successo i videogiochi di guerra o i giochi di simulazione di battaglie storiche? Perché adulti incapaci di relazione usano i progammi televisivi come diversivo per sé e per i propri figli, quale surrogato di un rapporto affettivo che stenta ad esprimersi? Si scoprono ogni giorno nuovi canali TV per neonati!
Il bambino che di fronte a qualsiasi comportamento o pensiero divergente è educato alla ricerca del colpevole e della pena da comminare, non evolverà, crescendo, verso il narcisismo e la violenza, pronto a cogliere qualsiasi pretesto, a scambiarlo per realtà vera e ad eliminare qualsiasi antagonista?
Ciascuno di noi reagisce in modo diverso a frasi, situazioni, atteggiamenti apparentemente innocui. L’offesa saltuaria, che ci ferisce, in realtà è una ”frase condensativa” che ci permette di riconoscere il “tasto dolente” che in noi prevale. Esso deriva dalla nostra storia, dalla nostra educazione, da ciò che per noi è patrimonio culturale, ma può sempre essere sottoposto a “manutenzione” e la manutenzione migliore è quella che non si vede, perché è continua.
In realtà se non siamo educati ad interpretare il codice espressivo dell’altro, rischiamo di enfatizzare l’emozione senza saperla esprimere.
Ecco allora che ci viene in soccorso la “cassetta degli attrezzi” preparata dal CPPP.
Essa comprende la domanda maieutica, che permette di esplorare la situazione conflittuale e “far nascere” vie d’uscita sempre nuove e sperimentabili. Porgere una domanda maieutica permette una restituzione di potenziale all’intelocutore, un’offerta per nuove scelte possibili.
L’approccio maieutico si sostituisce alle solite serie di domande indagatorie che bloccano la relazione in un rapporto tra superiore (chi domanda) e inferiore (chi è tenuto a rispondere), per instaurare un colloquio maieutico all’interno del quale si potranno palesare i diversi punti di vista degli interlocutori in un confronto interessante e fecondo.
In fondo, questa potrebbe essere l’introiezione di regole allo stare con l’altro.
“Fare del disaccordo un punto di partenza, del conflitto un’opportunità”
Cercare le sintonie e saper utilizzare significativamente le distonie, in una metafora musicale.
Che sia questo un modo per imparare l’arte dell’incontro?
Abbiamo assunto l’incontro con D. Novara come momento di approfondimento del nostro tema annuale.
Barcellona sarà un altro momento di approfondimento.
Daniela Pozzoli[/ms-protect-content]